lunedì 8 luglio 2013

Hashtag su Facebook, facciamo chiarezza

Molti pensano che il loro utilizzo aiuti ad aumentare la visibilità on line della propria struttura, ma spesso non è così.

Hashtag-mania. Dopo lo sbarco su Facebook (http://pro-muoviti.blogspot.it/2013/06/facebook-arrivano-gli-hastag.html) si assiste da parte di molti ad un loro utilizzo massiccio e continuo. Molti operatori di social media marketing sono infatti convinti che l’utilizzo di un hashtag, specie se molto popolare, fornisce visibilità on line alla propria struttura. Ma è davvero così?
Innanzitutto, qual è lo scopo dell’hashtag? Come sappiamo, si tratta a tutti gli effetti di un link-parola chiave: cliccandoci su, si viene reindirizzati ad una pagina che mostra tutti i risultati nei quali compare quel preciso hashtag. Prima conclusione: inserendolo nel nostro post, potremmo ottenere il risultato di far atterrare il nostro potenziale cliente nella pagina di qualcun altro! Inserire link a risorse esterne (quale è appunto un hashtag, anche se indirettamente) è sempre rischioso, ed il pericolo è che l’utente abbandoni il nostro recinto per approdare a quello di un concorrente.
D’altra parte, è pur vero che inserire un hashtag molto popolare (es. #vacanze) in un post, ne favorisce la comparsa nella relativa pagina dei risultati, con una teorica ricaduta positiva intermini di visibilità per la nostra struttura. Anche qui, però, è bene operare un distinguo: gli hashtag più utilizzati sono davvero anche quelli più cercati? Le due cose potrebbero essere ben diverse. Se infatti è comprensibile, considerata la novità un po’ trendy degli hashtag su facebook, ed il periodo estivo, che #vacanze sia molto utilizzato, quanti utenti realisticamente cercano #vacanze su Facebook e ne scorrono i risultati? Appare quantomeno poco credibile che qualcuno decida di pianificare le proprie ferie in questo modo. Quindi, non è detto che gli hashtag popolari siano anche quali più cercati.
Il modo più redditizio di utilizzare un hashtag, è forse crearsene uno personalizzato, per esempio #eguides. In questo modo, ogni qual volta un utente vi clicca sopra, sarà direttamente o indirettamente rimandato ad una nostra attività on line: non uscirà dal nostro steccato e anzi, potrà magari decidere di seguirci perché reputa interessante ciò che abbiamo da dire. Anche in questo caso, però, è bene non esagerare: innanzitutto perché l’utilizzo del simbolo # davanti alle parole, diventato un must per alcuni utenti, provoca vere e proprie crisi di rigetto in molti altri, che lamentano una leggibilità peggiorata dei post (è uno dei limiti di Twitter, da molti ritenuto ostico e criptico per il proliferare di simboli # e @ nei tweet); d’altro canto, inserire un hashtag in un post che rimanda, per esempio, ad una pagina del nostro sito contenente un’offerta commerciale, può distogliere il cliente o potenziale tale dal fare esattamente ciò che noi vorremmo da lui in quel momento: prenotare!

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