martedì 29 settembre 2015

Design persuasivo, i 5 principi fondamentali


Cosa fare affinché il sito aziendale spinga gli utenti a fare esattamente ciò che vogliamo da loro

Design persuasivo, ovvero l’arte dell’implementare un sito in modo che i visitatori siano incentivati a compiere le azioni che vogliamo che compiano. Facile a dirsi, meno a farsi. Anche se qualcosa giunge in nostro aiuto: più che un’arte, infatti, il design persuasivo è una scienza, con regole precise e divieti. Vediamo i principali, raccolti qui in origine da Peep Laja.

 Chiarezza. Se chiediamo ad una persona cosa apprezza di più in un sito web, la maggior parte delle volte risponderà “che mi faccia trovare facilmente ciò che sto cercando”.



Il sito (non solo l’homepage), dovrebbe quindi sempre essere strutturato in modo che l’utente possa immediatamente trovare risposta alle domande:
1.    Cos’è questo sito?
2.    Cosa posso farci?
3.    Può essermi utile?




     Impatto visivo. Le persone impiegano in media 50 millisecondi per decidere se il design di un sito è di loro gradimento. E la percezione della qualità estetica va di pari passo con la percezione della qualità tout court, vien da sé quindi che un sito esteticamente gradevole è più persuasivo di uno brutto. Secondo Google, sono 2 i fattori chiave: semplicità e “prototipicità” (ovvero corrispondenza a certi standard che rendono un sito immediatamente familiare anche se non ci siamo mai stati prima).

  Forte gerarchia visiva. L’immagine qui sotto è molto esplicativa di cosa sia la gerarchia visiva. Il cerchio più grande dà l’impressione di essere il più importante, e via via gli altri tre a seguire.
Lo stesso principio deve essere utilizzato per il sito. Le parti più importanti, come il modulo per gli acquisti e le prenotazioni o l’iscrizione alla news letter, devono spiccare rispetto al resto per spingere l’utente alla call to action. E non detto che sia sempre una questione di dimensioni, come per i cerchi. Ad essere decisivi possono essere infatti i colori utilizzati (più intensi rispetto a quelli circostanti), il posizionamento nella pagina e l’abbinamento ad un’immagine che attiri l’attenzione.

    Mantenere alta l’attenzione. A questo punto l’utente è quasi catturato, manca poco. Fondamentale mantenere alta la sua attenzione. Ancora una volta, vengono in nostro soccorso le immagini, soprattutto quelle con persone impegnate in situazioni di vita vissuta in cui l’utente si possa immedesimare, oppure quelle con persone che guardano diritto verso di noi: poche cose attirano l’attenzione come un volto che ci guarda negli occhi.

   Una pagina, un’azione, ben definita. Ultima condizione fondamentale: il sito dovrebbe essere strutturato in modo che ogni singola pagina abbia una funzione precisa, e sia quindi collegata ad una call to action ben definita. Ancora una volta, tutto va in direzione della chiarezza e della semplicità: l’utente dovrebbe essere guidato in modo da trovare ciò che vuole col minimo sforzo ed in modo piacevole.


E il tuo sito, rispetta le regole del design persuasivo?

Facebook, arriva il live blogging


Presto disponibile la feature che consente di arricchire con aggiornamenti i post pubblicati in precedenza

Per ora si tratta di una versione beta in fase di test nelle versioni iOs e Android, ma la novità ha tutte le carte in regola per rivoluzionare il social marketing su Facebook: sarà presto possibile, infatti, aggiungere contenuti a post pubblicati in precedenza.
Il pratica, i singoli post diventano vere e proprie storie, da aggiornare man mano che succede qualcosa di nuovo. Sarà sufficiente selezionare l’opzione “aggiungi post a questa storia” per arricchirla con testo, immagini, video, check in. Like, commenti e condivisioni saranno disponibili per ogni singolo post, un po’ come già accade per le singole immagini di una gallery.
Insomma, una specie di ibrido tra un live blogging tipico di Twitter, dove si possono riunire gruppi di Tweet inerenti un argomento in una conversazione, e Storify, in cui si raggruppano i contenuti riguardanti un tema o un evento. Lo scopo è preciso: facilitare la possibilità di seguire la storia da parte degli utenti, incentivandone le interazioni e spingendoli a condividere i contenuti o a partecipare al dibattito.
Così si è espresso il portavoce di Facebook Italia: “Stiamo testando una nuova funzionalità che consente di aggiungere nuove storie ad un precedente post su Facebook, creando una storia che continua durante la giornata, viaggio o attività proprio mentre questa si sta svolgendo, avvicinando quindi le persone ai propri amici, condividendo le esperienze in tempo reale”.
Dal punto di vista del social media marketing per la propria struttura o attività, i vantaggi di questa feature appaiono evidenti: sarà ora possibile raccontare in un unico post le attività che si svolgono in azienda, dalla vendemmia, alla “gesta” degli animali che popolano il cortile, alla presentazione di un prodotto o la partecipazione ad una fiera, man mano che queste hanno luogo. Ma anche, perché no, incentivare gli utenti a raccontare la loro, di storia, mentre si godono il soggiorno. Addirittura, nel caso di più strutture riunite in circuiti (ad esempio di cicloturismo), si potrà far raccontare agli utenti il loro viaggio di tappa in tappa.
Insomma, potenzialità davvero elevate per uno strumento che si preannuncia da subito molto prezioso.


lunedì 21 settembre 2015

Nescafé e Tumblr: un esperimento da tenere d’occhio

Pur con le dovute proporzioni tra la potenza di una multinazionale e una piccola attività locale, ciò che stanno facendo gli uomini marketing del caffè solubile presenta spunti interessanti per tutti.

“Nel sito web è l’azienda che parla al consumatore. Questo approccio è morto. Oggi bisogna essere molto più inclusivi e incoraggiare le conversazioni”. Così Michael Crisment, capo del marketing globale di Nescafé, motiva una decisione  che appare rivoluzionaria, soprattutto per un brand di queste dimensioni: chiudere il sito aziendale e spostare la presenza on line su Tumblr. Questa piattaforma, spiega ancora Crisment, è stata scelta per le sue caratteristiche: è un ibrido tra un social network ed portale di microblogging (network di blogger, la definizione usata), quindi più vicino al consumatore, reale o potenziale, e risulta essere l’ambiente ideale per spingere quest’ultimo verso dinamiche di co-creazione e di user generated content.
In concreto? Quelli di Nescafé hanno intenzione di coinvolgere gli utenti di Tumblr in iniziative e contest volte alla creazione di nuovi gusti, pack, prodotti. Un processo creativo esaltato dal fatto che Tumblr incoraggia l’approccio multimediale con un occhio di riguardo per la grafica, la creazione di contenuti visuali corredati di testo, gif virali, video. Insomma, lo scopo finale è aumentare la visibilità on line del marchio creando una brand community ed utilizzandone l’intelligenza collettiva.
C’è poi un’altra motivazione dietro alla scelta di Nescafé: le vendite mondiali di caffè solubile tra i giovani sono calate del 3% tra il 2013 e il 2014, e le previsioni annunciano che la contrazione continuerà almeno fino al 2020. Ora, si dà il caso che i millenials siano anche i principali utilizzatori di Tumblr: fatto due più due, il risultato è evidente. Quelli di Nescafé, infine, sono convinti di poter incrementare in maniera sostanziale la quota di ecommerce tramite Tumblr. Il profilo di Nescafé sulla piattaforma sarà on line nelle prossime settimane.

In conclusione: è evidente che la potenza di fuoco di una multinazionale non può essere paragonata a quella di una piccola struttura o attività locale. Però alcuni principi, come la creazione di contest che incentivino i clienti (o potenziali tali) a creare contenuti in modo da rafforzare la brand community, possono essere tranquillamente calati in realtà più piccole. E Tumblr è alla portata di chiunque abbia voglia di sperimentare.

Instagram, ecco le nuove campagne pubblicitarie

Sono disponibili per tutti gli utenti, si lanciano da Facebook e sono costituite da foto o video corredati da una call to action

Circa 300 milioni di utenti attivi al mese, per 70 milioni di immagini pubblicate ogni giorno. Sono i numeri impressionanti (non da oggi) di Instagram. Con cifre del genere a disposizione di aziende e piccole attività, il passo non poteva che essere inevitabile: su Instagram sono arrivate le pubblicità.
Le nuove campagne pubblicitarie promettono di essere semplici da organizzare e lanciare e, novità, gli utenti lo possono fare usando Facebook  (che di Instagram è proprietario). Le inserzioni su Instagram possono quindi sfruttare il grande know how del social di Zuckerberg in materia di profilazione dei destinatari e sollecitazione della domanda latente.
In concreto, le pubblicità sono costituite da foto o video corredati dalla scritta “sponsorizzato”, un po’ come avviene sugli altri social. Dalla fine di agosto, tra l’altro, su Instagram è possibile pubblicare anche foto rettangolari, anziché solo quadrate com’era stato fino a quel momento. E’ possibile inoltre organizzare l’inserzione come un gruppo di immagini, fino a quattro, oppure con video della durata massima di 30 secondi. Last but not least, c’è ovviamente la possibilità di inserire un testo corredato ad una call to action che rimanda, ad esempio, ad una landing page sul proprio sito aziendale.
Luca Colombo, country manager di Facebook Italia, così ha presentato le campagne pubblicitarie su Instagram: “Siamo entusiasti di questo ulteriore passo avanti fatto dalla piattaforma, che permetterà alla nostra comunità di connettersi meglio e in modo più diretto con i brand che ama. Le nuove funzionalità che introduciamo oggi permetteranno ad aziende grandi e piccole di raggiungere i loro obiettivi di business, offrendo contenuti di forte ispirazione e di altissima qualità visiva”.

L’introduzione definitiva delle campagne è stata preceduta da una lunga fase di test condotta in partnership con aziende selezionate, durante la quale è emerso che i settori che hanno tratto maggiori benefici dall’iniziativa sono ecommerce, intrattenimento, commercio al dettaglio e turismo. Insomma, se si gestisce il profilo Instagram di una struttura o attività in ambito turistico ed enogastronomico, sembra proprio che sia il caso di dare un’occhiata alle nuove campagne pubblicitarie di Instagram.

lunedì 14 settembre 2015

Instagram, best practices per foto doc

I migliori consigli per scattare foto coinvolgenti e virali sul social delle immagini, suggeriti da professionisti del settore

La foto perfetta non esiste. Ma la ricerca di quella che buca lo schermo e spinge gli utenti di Instagram a premere il “cuoricino” o a condividerla è incessante, e coinvolge chiunque faccia comunicazione social per la propria azienda.
Ecco allora che il magazine on line Quarz ha chiesto ad alcuni esperti quali sono le pratiche migliori da seguire per ottenere foto “che spaccano” sul social delle immagini in stile Polaroid.
Innanzitutto, è meglio non usare l’app di Instagram per scattare le foto. Le app native della fotocamera su ogni dispositivo sono, in genere, migliori: permettono ad esempio di zommare (anche se sempre di zoom digitale si tratta). Meglio quindi ricorrere a queste per scattare le foto. Esistono poi app, come Camera+ per iPhone, che consentono di correggere i difetti delle foto e migliorarle ulteriormente.
Ci sono poi le sane, vecchie regole di composizione che vengono insegnate come l’abc della fotografia ad ogni corso, e che è bene non scordare neanche su Instagram. Parliamo innanzitutto della regola dei terzi, fondamentale soprattutto nel ritrarre paesaggi: consiste nell’applicare idealmente allo schermo due linee verticali e due orizzontali, in modo da suddividerlo in nove quadrati, e fare quindi scatti in cui gli elementi salienti del panorama siano posizionati in corrispondenza delle linee o, meglio, delle loro intersezioni (ad un terzo dello schermo, appunto). La regola dei terzi, fondamentale quando fotografiamo un paesaggio, trova però delle eccezioni in altri ambiti, per esempio quando l’aspetto simmetrico dell’immagine è rilevante, come in un primo piano di un volto: in questi casi conviene ignorarla e posizionare gli elementi principali, come gli occhi, al centro dello schermo.
Ecco poi un consiglio banale, ma che viene spesso ignorato: scattate molte foto. I fotografi professionisti fanno centinaia di scatti per ottenerne una manciata di buoni: se così si comportano loro, che sono appunto professionisti, a maggior ragione lo stesso dovrebbe fare chi professionista non è.
Il lavoro di post produzione, poi, è importante anche per le foto da pubblicare su Instagram. A riguardo, esistono app che, pur senza raggiungere il livello di Photoshop, permettono comunque di migliorare notevolmente gli scatti originali: si va da Snapseed per eliminare le ombre fastidiose, a VSCO Cam per correggere i colori, a TouchRetouch per eliminare un oggetto dalla foto.
Anche i celeberrimi filtri di Instagram rischiano ormai di apparire banali e superati. Meglio sperimentarne di nuovi, come quelli di Rookie o Fadie. Ricordando che per i filtri la regola aurea è mai apparire eccessivi. Se un filtro leggero può fare bene alla foto, uno troppo pesante rischia di rovinarla.

Ma la la vera regola aurea, per ogni azienda, è scoprire cosa piace al propri utenti\clienti, e pubblicare immagini di conseguenza. A tale riguardo, se esistono parametri generali (ad esempio, le foto in cui predomina il blu ottengono in media più cuoricini di quelle in cui prevale il rosso), ogni azienda ha un proprio pubblico, con dei gusti specifici. E per scoprirli, non resta che sperimentare, indagare e, perché no, chiedere.

Social che vai, parole che trovi: la comunicazione non è uguale ovunque

Ogni social network ha utenti con caratteristiche e sensibilità specifiche, diverse da quelle delle altre piattaforme. Per questo, la brand communicaton dev’essere mirata e specifica su ognuna di esse.

Il concetto non è propriamente nuovo: per essere davvero efficace, il brand social media marketing dev’essere mirato e specifico su ogni piattaforma. Ciò che funziona su Facebook potrebbe non essere altrettanto indicato per Instagram, quello che diventa virale su Twitter potrebbe non farlo affatto su Pinterest.
Tutto già noto e risaputo, dicevamo. Ora però uno studio condotto dall’agenzia inglese Atomik Research va a fondo del problema e ne sviscera le cause. L’indagine, dall’esplicativo titolo “The power of brand storytelling”, parte con l’intento di indagare se la comunicazione aziendale ha la stessa efficacia per tutte le fasce d’età. La tabella qui sotto riassume i risultati:

Il primo dato rilevante è che la variabile economica (voucher, sconti, promozioni) resta la più rilevante, anche se il suo peso cresce con l’avanzare dell’età degli utenti. Ma il risultato più sorprendente riguarda il lato emotivo, e quindi più tipicamente social, della comunicazione: le storie e i messaggi ironici, divertenti, romantici, emozionali fanno molta più presa sui giovani che sugli adulti. In questo caso la forbice è davvero ampia, con percentuali di interesse che da oltre il 40% per i ragazzi scendono al 14% per gli ultra cinquantenni. Recensioni e commenti sui prodotti, infine, paiono interessare tutte le fasce d’età, ma con percentuali che superano di poco il 30%.

Insomma, l’indicazione è chiara: le persone giovani sono più sensibili al lato emozionale della comunicazione, quelle mature sono più propense a badare al sodo. Ecco quindi che la comunicazione social aziendale, per essere davvero efficace, deve tenere conto di questi parametri, ed essere diversa da social a social: su Facebook, dove l’età media degli utenti è più elevata che altrove, conviene puntare su promozioni ed altre leve economiche. Su Instagram, il social più amato dai ragazzi, una comunicazione visiva volta a coinvolgere ed emozionare è probabilmente quella più incisiva.